Il pesce regna sovrano nella cucina pisana.
Che però non manca di piatti “terrestri” della migliore tradizione contadina.
Territorio variegato e ricco di contrasti quello della provincia pisana.
Anche nella cucina si percepisce questo dualismo, tanto che in essa convivono due anime: una “terrestre”, di matrice semplice e contadina, l’altra “ittica”, che privilegia prodotti che profumano di mare.
Pisa non è solo la città attraversata dall’Arno, della Torre pendente e della celebre università: nel suo Dna è ancora presente l’eredità di repubblica marinara.
L’anima gastronomica di questa città è quindi fortemente “marinara”, anche se esistono su tutto il territorio pisano una serie di giacimenti di terra molto pregiati, tra cui si ricordano il pane di Montegemoli (di forma tondeggiante, dal colore giallo ocra e dal profumo fragrante, è un pane cotto nel forno a legna che si usa per preparare bruschette, zuppe e si abbina con i salumi toscani), i fagioli all’occhio, le ciliegie di Lari e l’olio extravergine di oliva, espressi egregiamente in piatti di grande interesse culinario.
Last but not least dalle colline sparse per la provincia cominciano ad arrivare eccellenti vini.
È comunque il pesce a regnare sovrano nella cucina pisana: uno dei piatti della tradizione erano le “cee alla pisana”, termine dialettale con il quale si indicavano gli avannotti delle anguille pescate nell’Arno.
La ricetta prevedeva che questi microscopici e saporiti pesciolini venissero fatti saltare in padella con aglio, olio, salvia e parmigiano. Oggi le “cee” non sono più disponibili (è vietata la pesca) e vengono sostituite dai bianchetti. Sorprendente e inaspettato è invece l’uso del baccalà e dello stoccafisso, che secondo la tradizione locale si cucina con i porri o con i ceci, oppure in agrodolce o accompagnato da cipolla o pomodoro.
I ceci sono piuttosto apprezzati nel pisano, tanto che esiste una specialità chiamata “cecina” (che si contende il primato sia con Genova sia con Livorno), ossia una sorta di schiacciata parente prossima della farinata genovese, a base di farina di ceci cotta nelle teglie di rame nel forno a legna. Essendo quest’angolo di Toscana lambito da un clima mite, abbondano gli ortaggi, impiegati soprattutto per la preparazione di gustosi tortini.
Molto diffusi invece sono i legumi, che anticipano i sapori della cucina dell’entroterra, come la minestra di fagioli di San Michele, il bordatino (una minestra a base di fagioli rossi, cavolo nero e farina di mais) e i fagioli al fiasco.
Notevoli sono i primi piatti a base di paste fresche, condite con sughi robusti a base di selvaggina e animali da cortile come cinghiale, lepre e anatra.
La tradizione contadina emerge da alcune ricette come il “maggese”, a base di spalla di maiale pisana tagliata a dadini accompagnata da formaggio pecorino, oppure come la spuma di gota di maiale di San Miniato, ottima spalmata su crostini caldi, oppure dalla “testicciola alla pisana”, testina di vitello o agnello cotta in acqua insieme a spezie, odori, disossata e condita con capperi, acciughe, sottaceti, sale, pepe e olio. Interessante esempio di cucina contadina “povera” è la “minestra sullo sciò”, tipica di Volterra, preparata con un soffritto di aglio, olio extravergine delle Colline Pisane, rosmarino, pomodoro e acqua. In questo brodo si cuociono quadrucci o tagliatelle fatte in casa.
La “minestra sullo sciò” si serve bollente, abbondantemente cosparsa di formaggio grattugiato.
Spostandoci verso i rilievi del Monte Pisano, presso le Colline Metallifere la natura offre giacimenti preziosi che profumano di bosco quali i funghi (ottimi i pioppini e la gustosa crema preparata con questi funghi) e soprattutto il tartufo nei pressi di San Miniato, cittadina che ogni anno festeggia il prezioso tubero dedicandogli una sagra (ultimi tre fine settimana di novembre).
Passando invece in rassegna le dolcezze delle terre pisane, celebre è la “torta coi bischeri”, un dolce a base di pasta frolla, sulla quale viene steso un ricco ripieno a base di riso cotto nel latte, profumato da scorza di limone, vaniglia, canditi, cioccolato, uva passa, maraschino, pinoli e una grattata di noce moscata. Non dimentichiamo infine che il territorio pisano, nella sua eterogeneità comprende anche una fiorente zona di produzione vitivinicola: al vertice della tipicità abbiamo il Chianti Colline Pisane Docg, il Bianco Pisano di San Torpé, Colli dell’Etruria Centrale, mentre a ridosso con la provincia di Livorno abbiamo la produzione del Montescudaio.
Davide Paolini, “gastronauta”